Amos Gitai

Personalità di spicco della cinematografia internazionale, Gitai è stato celebrato da diverse retrospettive istituzionali, dal Centre Pompidou di Parigi, al NFT e ICA di Londra, dal Lincoln Center di New York fino al Festival di Venezia. La storia di questo regista è intrigante quanto particolare: figlio del noto architetto Munio Weinraub – studente della Bahuaus, è egli stesso architetto. Dopo un dottorato alla Berkeley si è concentrato sulla produzione di immagini, prima come documentarista e poi con film di finzione sempre ai limiti della sperimentazione. Nel 2012 ha fondato il primo museo di architettura di Israele, dedicandolo al padre. Contemporaneamente ha scritto e diretto sedici film a tema in cui ha indagato tematiche legate all’architettura, l’urbanistica, la conservazione e la pianificazione, incontrando architetti, sociologi, archeologi, ricercatori culturali e scrittori.

LULLABY TO MY FATHER (2012) Munio Weinraub (Ran Danker) è l’architetto israeliano della Bauhaus che deve fuggire dalla Germania nazista per approdare in Israele e cominciare ad applicare i principi dell’“abitare felice”.

Munio, mio padre, come tutti quelli della sua generazione, applicava all’architettura la nozione di modestia, di ritegno, l’obbedienza a un progetto collettivo”.

Amos Gitaï racconta la storia di suo padre, Munio Weinraub, studente presso la Scuola di Architettura e Design del Bauhaus nella città di Dessau, prima della sua chiusura voluta da Hitler nel 1933. Nel maggio di quello stesso anno, Weinraub fu accusato di tradimento contro il popolo tedesco e per questo fu rinchiuso prima in prigione ed espulso poi dalla Germania. Il film segue il percorso di Munio dalla Polonia alla Germania, dalla Svizzera alla Palestina, dove il suo contributo alla nascita e allo sviluppo dell’architettura del nascente stato d’Israele si rivelò decisivo.

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